Giampietro Briola, Presidente di Avis Nazionale e responsabile del Pronto Soccorso dell’ASST Garda, ci aiuta a fare chiarezza su test sierologici e sperimentazioni per la cura di pazienti affetti da Covid-19.
Di seguito rispondiamo ad alcune delle domande più frequenti, a cui il Presidente ha dato puntuale risposta.
“I test sierologici sono test diagnostici che si eseguono normalmente in clinica e servono per misurare soprattutto all’interno del siero e del plasma dei pazienti o dei soggetti sani le quantità di proteine presenti.
Queste proteine possono essere di diversa natura: penso ad esempio all’albumina (una proteina usata abitualmente dall’organismo per la sua sopravvivenza) oppure a proteine che si sviluppano durante processi infiammatori (come la proteina C reattiva) o ancora a proteine abbondantemente presenti nel siero, come gli anticorpi e le immunoglobuline.
Quest’ultime sono risposte immunitarie del nostro organismo a insulti di tipo infettivo e danno la cosiddetta “memoria immunologica”, che può essere recente o che può durare per tutta la vita.”
“Il test sierologico avviene attraverso un prelievo di sangue, la provetta in cui viene raccolto il sangue viene poi centrifugata, dividendo la parte corpuscolata (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) dal plasma, sul quale vengono poi fatti esami attraverso diverse metodologie di tipo diagnostico.”
“Sono due esami diversi che si usano per scopi diversi e con tempi diversi. Il tampone, che è quello che abbiamo tutti imparato a conoscere attraverso l’infezione da Coronavirus, è un test che viene fatto su pazienti (o anche sulle persone sane) e serve a capire se nelle vie aeree del soggetto è presente il virus e va a misurare la presenza dell’RNA virale. Lo si fa prelevando una parte di liquidi delle alte vie respiratorie (nelle cavità nasali o a livello della faringe) e si fa il test per vedere se c’è la presenza del virus, se il soggetto è portatore del virus e quindi ha una capacità infettante pur non avendo sviluppato la malattia.
Il test sierologico, invece, ci serve soprattutto a capire se il soggetto ha avuto la malattia, attraverso il dosaggio degli anticorpi nel suo siero. Gli anticorpi possono essere di due tipi, conosciamo gli IGM che sono i primi che si sviluppano durante la fase acuta della malattia, e le IGG, che sono le immunoglobuline anticorpali, che rappresentano la memoria a lungo termine del nostro organismo.
Queste sono le differenze sostanziali tra il test cosiddetto “tampone”, che misura la presenza del virus, ed il “test sierologico” che misura gli anticorpi, quantitativamente e soprattutto qualitativamente.”
“Per Plasma iperimmune si intende il plasma con un alto titolo di immunoglobuline e quindi un alto titolo anticorpale per una determinata malattia. Può essere perché il soggetto si è ammalato e quindi ha sviluppato durante la malattia un alto tasso di immunoglobuline, oppure in maniera passiva perché un soggetto è stato vaccinato, per esempio all’epatite B o al tetano, e quindi ha un tasso elevato di anticorpi a seguito della vaccinazione.”
“Il plasma iperimmune dei pazienti guariti, cosiddetti convalescenti, è una strategia terapeutica che si sta adottando per il Covid19, ma è una terapia sperimentale e temporanea, in carenza di altre eventuali strategie terapeutiche che attualmente, per una serie di motivazioni, ancora non esistono.
È stato applicato come terapia anche per altre malattie, fra cui ad esempio l’infezione da virus Ebola.”
“Si è scelto di fare una sperimentazione di tipo regionale soprattutto in quelle zone dove la malattia ha avuto una maggiore incidenza.
È una soluzione temporanea, e si basa sulla presenza di un alto quantitativo di anticorpi anticoronavirus prodotti dall’organismo nella fase della malattia e quindi reperibili in soggetti che siano guariti. La donazione di plasma iperimmune per ora è effettuata solo dove si svolgono le sperimentazioni, da soggetti guariti da Covid-19 individuati dall’autorità sanitaria.”
“Ci vorranno ancora alcuni mesi. Il primo risultato che vogliamo ottenere è un test sierologico per il dosaggio delle immunoglobuline e quindi degli anticorpi IgG e IgM. La seconda fase sarà quella di riuscire, attraverso il plasma iperimmune, a produrre immunoglobuline e anticorpi che rappresentino (sotto forma di farmaco) una strategia terapeutica per i pazienti che abbiano contatto con il Coronavirus o da utilizzare per via profilattica per pazienti che siano immunodepressi o addirittura immunodeficienti”.
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