Di Fabrizio Carassai

Quasi quasi”…brutta bestia la curiosità ma linfa vitale. Poi la presentazione del corso, della Direttrice Artistica, dei suoi collaboratori. “Con gli orari forse non ce la faccio, vedremo…chissà!” E invece l’orario del secondo turno è fattibile, allora si prova! 

Tra arrivi in affanno dei partecipanti, con una vita già piena di lavoro, famiglia e impegni vari e l’abbandono da parte di alcuni partecipanti nelle prime settimane, il secondo turno si stabilizza sui 13 componenti, lezione dopo lezione, con giochi di ruolo, giochi di parole e riscaldamenti esilaranti, diventa un vero gruppo.

In qualità di esterno, osservare il prossimo mentre passeggia, fa una coda, sorseggia un caffè, può già di per se essere interessante ma se ci si ferma ad osservare chi è anche autorizzato ad entrare nel nostro spazio personale, nel caso di un gruppo con più persone contemporaneamente, quando l’interazione diventa anche fisica, allora le dinamiche cambiano: gli individui diventano persone. 

Durante la prima parte del corso, le impostazioni degli incontri non sono state accademiche, il tempo a disposizione non lo ha consentito ma sono stati toccati molti temi. Eravamo tutti neofiti e non è stato il momento del cesello ma della scure, ne hanno fatto le spese alcune posture, alcune inflessioni, alcuni accenti, alcune voci flebili, ce n’è stato un po’ per  tutti.

Poi sono arrivate le prime “espressioni”, poche righe dettate dai nostri stati d’animo e fermate sulla carta che saranno le nostre prime drammatizzazioni, insieme ad un secondo “pezzo” qualsiasi, ancora nostro o anche poesia, brano di film, di opera teatrale. Anche se non originale, la scelta del secondo testo  non esprime pure uno stato d’animo, un’emozione, un desiderio, un’inclinazione?

Comincia a prendere forma il copione, una storia che deve tenere insieme l’esigenza di dare uguali spazi a tutti, quindi senza protagonisti, idoneo a favorire la nostra capacità acerba di trasmettere sensazioni attraverso la recitazione. Niente di meglio quindi di quei pezzi “nostri”, sui quali già lavoriamo e che entrano a far parte di un mosaico. 

E siamo allo spettacolo finale: espressioni ed emozioni attraverso il filtro di una rappresentazione che le veicola al pubblico il quale a sua volta, restituisce le sue con una risata o un applauso. 

Sull’ultimo, si chiude il sipario e anche quel cerchio iniziato per molti con un “quasi quasi”, arrivano finalmente le risposte a dubbi o perplessità rimaste in sospeso fino all’ultimo, riscontri  che altro non sono stati se non la dimostrazione delle capacità dei nostri insegnanti.

 E i costi? Probabilmente economici rispetto alla professionalità dimostrata ma la passione profusa, quella non si compra e sarebbe difficile da quantificare se non si misurasse in “emozioni”. Cosa cercava ciascun partecipante in un corso come questo potrebbe essere complesso da descrivere ma probabilmente alla base di tutto ancora una volta ci sono le emozioni. 

E brava AVIS allora per l’intuizione felice, propone un’iniziativa di “scambio di emozioni” per supportare  i fini istituzionali, sicuramente originale, ben organizzata e con la collaborazione di professionisti che della loro arte, dello scambio di emozioni, ne fanno la loro vita.